Bolsena e dintorni

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Il lago di Bolsena: il più grande lago vulcanico d’Europa

Bolsena è una cittadina di origini etrusco – romane sull’omonimo lago.
Il lago di Bolsena è il più grande lago vulcanico d’Europa ma si distingue anche per il colore violaceo che assume all’imbrunire, offrendo meravigliosi tramonti. Nel lago di Bolsena sono presenti due isole, Martana e Bisentina . L’isola Bisentina in particolare fu visitata da numerosi Papi, infatti, possiede 7 chiese, magnifici giardini all’italiana oltre a piante secolari.
Le antiche origini di Bolsena si possono ancora oggi ammirare grazie alle numerose attrattive di natura storica ed archeologica. Sulle colline, dietro il centro moderno, è possibile visitare i resti della città etrusca, mentre il castello ed il borgo, molto ben conservati, rappresentano il nucleo medioevale che culmina con la Basilica dei Santi Giorgio e Cristina.

 

Il castello di bolsena

La Rocca Monaldeschi della Cervara ospita il museo territoriale del Lago di Bolsena, con importanti reperti risalenti all’età del ferro, rinvenuti proprio dalle acque del lago e numerose ceramiche di origine medioevali e rinascimentali. Al suo interno è inoltre presente l’acquario di acqua dolce con i pesci del lago.

1263 d.c. "corpus domini"
miracolo eucaristico di bolsena

Nell’estate del 1263, un sacerdote boemo, di nome Pietro da Praga, iniziò a dubitare della reale presenza di Gesù nell’ostia e nel vino consacrati. Il sacerdote si recò allora in pellegrinaggio a Roma per pregare sulla tomba di Pietro e fugare i suoi dubbi: il soggiorno romano lo rasserenò e intraprese il viaggio di ritorno. Percorrendo la via Cassia si fermò a pernottare a Bolsena, dove i dubbi di fede lo assalirono nuovamente. Il giorno successivo celebrò la messa nella Grotta di Santa Cristina. L’evento fu immortalato da Raffaello nel 1512 nel celebre affresco della Messa di Bolsena ed è ricordato da un’epigrafe latina apposta nel luogo del miracolo.

Secondo quanto tramandato dalla tradizione, al momento della consacrazione l’ostia cominciò a sanguinare sul corporale. Impaurito e confuso, il sacerdote, cercando di nascondere il fatto, concluse la celebrazione, avvolse l’ostia nel corporale di lino e fuggì verso la sacrestia. Durante il tragitto alcune gocce di sangue caddero sul marmo del pavimento e sui gradini dell’altare.

Pietro da Praga si recò subito dal papa Urbano IV, che si trovava a Orvieto, per riferirgli l’accaduto. Il pontefice, allora, inviò a Bolsena il vescovo di Orvieto per verificare la veridicità del racconto e per recuperare le reliquie. Urbano IV dichiarò la soprannaturalità dell’evento e, per ricordarlo, l’11 agosto 1264 estese a tutta la Chiesa la solennità chiamata Corpus Domini, nata nel 1247 nella diocesi di Liegi per celebrare la presenza reale di Gesù nell’Eucaristia, in contrapposizione alle tesi di Berengario di Tours, secondo le quali la presenza eucaristica di Cristo non era reale, ma solo simbolica.

Urbano IV, inoltre, affidò a Tommaso d’Aquino il compito di preparare i testi per la liturgia delle ore e per la messa della festività, e stabilì che il Corpus Domini dovesse essere celebrato il primo giovedì dopo l’ottava di Pentecoste. (Tratto da Wikipedia.)

i "misteri" di santa cristina

Santa Cristina di Bolsena o Cristina da Tiro, per la Chiesa Ortodossa Cristina la Grande Martire[2], (III secolo – IV secolo) secondo la tradizione agiografica cristiana antica, fu una giovane fanciulla, martirizzata durante la persecuzione dei cristiani sotto Diocleziano, agli inizi del IV secolo. È venerata come santa dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e dalla Chiesa anglicana. La Passione di Santa Cristina è pervenuta in moltissime redazioni di epoche diverse, le quali discordano sulle origini della santa: le fonti orientali intendono Tiro in Fenicia, quelle latine intendono Tiro come il territorio laziale che si affaccia sul Mar Tirreno. Il testo più antico ad oggi conosciuto, risale alla prima metà del V secolo ed è contenuto in un papiro proveniente da Ossirinco, in Egitto, e pubblicato solo nel 1911.[3] Seppur mutilo, un frammento di esso è stato perfettamente tradotto e ricostruito nel codice Farfense 29, risalente al IX secolo. Anche i maggiori agiografi medievali scrissero di Cristina: la più nota, la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, narra di una fanciulla di nome Cristina, figlia di Urbanus, comandante delle milizie bolsenesi dell’imperatore, destinata dai genitori ad una vita da sacerdotessa degli dei. All’età di undici anni, fu rinchiusa dal padre in una torre insieme a dodici ancelle pagane, affinché la convincessero ad adorare delle statue di idoli romani d’oro e argento; ma la giovane, istruita da un angelo e proclamatasi cristiana, non solo non sacrificò agli dei, ma spezzò le statue e donò l’oro e l’argento in elemosina ai poveri.
Supplicata inutilmente di tornare ai culti romani, fu allora fatta arrestare dal padre, il quale la fece condannare ad una flagellazione ed al supplizio su una ruota ardente che, divampando, uccise millecinquecento pagani. In cella, Cristina venne miracolosamente sanata da degli angeli. Il padre, deciso ormai ad eliminare la figlia, fece legare una macina al suo collo per farla annegare nelle acque del lago di Bolsena, ma Cristina venne fatta galleggiare e ricondotta a riva da degli angeli inviati da Cristo, che la battezzò.
Udito ciò, il padre fu colto da malore per la forte collera e venne ritrovato morto dai suoi servi. Il successore Aidone, ancor più accanito, fece immergere Cristina in un calderone di olio bollente ma la giovane rimase illesa. Fece dunque radere il capo della santa e ordinò che fosse condotta nuda fino al tempio di Apollo. Non appena vi fu arrivata, l’idolo cadde a pezzi, provocando al giudice un malore mortale. Il successore Giustiniano ordinò di gettare la giovane cristiana in una fornace, ma ella vi rimase illesa per cinque giorni, allietata da degli angeli. Fu dunque sottoposta ad altre torture come la molestia di serpenti velenosi, che vennero da lei ammansiti, l’amputazione dei seni da cui sgorgò latte e della lingua che Cristina gettò al carnefice, rendendolo cieco. Infine fu trafitta dai colpi di due frecce a causa delle quali morì.
(Tratto da Wikipedia.)
Nel corso dei secoli il ricordo e la devozione della citta di Bolsena è rimasto immutato, ogni anno il 23 e 24 di luglio solenni celebrazioni liturgiche e folkloristiche ne ricordano il martirio.
 Di particolare interesse i cosiddetti “Misteri di Santa Cristina”: una rappresentazione scenica delle gesta di Santa Cristina, decine e decine di personaggi danno vita a scene o meglio quadri.  Donne, uomini, ragazze, ragazzi e bambini, in posa e immobili danno vita ad un enorme “quadro” 3D.

ORVIETO CITTA DI ORIGINE ETRUSCA, 23 KM DA BOLSENA

Le sue origini antiche si possono ammirare nella Necropoli del Crocefisso del Tufo risalente al periodo etrusco e situata alla base della rupe di Orvieto.
Di notevole importanza è il Duomo di Orvieto, costruito per volere di Papa Urbano IV in seguito al miracolo eucaristico avvenuto a Bolsena nel 1263.
Si presenta con una magnifica facciata gotica, decorata con bellissimi bassorilievi e splendidi mosaici ed un grande rosone ricco di pregiate decorazioni.
Al suo interno, nella Cappella del Corporale, viene custodito, in uno splendido reliquiario di alta oreficeria medievale, il lino liturgico bagnato dal sangue durante la messa miracolosa di Bolsena.
Nella città antica troviamo anche il Palazzo dei Sette con la Torre del Moro ed il pozzo di San Patrizio, edificato nel 1527.
Il pozzo è una singolare opera di ingegneria idraulica che fu realizzata per garantire l’ approvvigionamento dell’acqua della sovrastante rocca dell’ Albornoz in caso di assedio o conflitto.
Da visitare anche il Museo del Duomo ed il Museo Archeologico, con preziosi reperti provenienti dalle necropoli etrusche.
Il sottosuolo della città, inoltre riserva altre bellezze. A pochi passi del Duomo, infatti, scopriamo Orvieto Underground, un complesso sotterraneo fatto di cunicoli e cavità, laboratori e frantoi per le olive, scavato a partire dal IX secolo a. C. che hanno garantito la sopravvivenza degli abitanti in superficie, per millenni.

civita di bagnoregio, la città che muore a 12km da bolsena

Civita è una piccolissima frazione di Bagnoregio che dista da Bolsena soltanto 12 Km.
Oggi è uno dei borghi più belli d’Italia, famosa come “la città che muore” per la sua estrema fragilità.
Civita di Bagnoregio sorge, infatti, su un colle tufaceo molto delicato e soggetto ad erosioni da parte di agenti climatici. Si immerge nella grande valle dei “Calanchi” che le donano un aspetto molto suggestivo e surreale.
E’ collegata “al resto del mondo” con un lungo ponte percorribile soltanto a piedi, realizzato per i pochi cittadini rimasti e per i turisti che la vogliono visitare.
Di notevole interesse è anche la tomba di San Bonaventura.
Ogni anno, nel periodo natalizio, Civita di Bagnoregio, con la sua straordinaria bellezza, diventa lo scenario di un suggestivo Presepe Vivente.

montefiascone, belvedere naturale sul lago di bolsena

Colle strategico che sorge a 640 mt sopra il livello del mare, domina tuta l’alta Tuscia.
Per la sua importante posizione strategica, fu scelto da numerosi Papi e cardinali, in fuga da Roma come sede privilegiata.
Arroccata sul colle, infatti, si staglia la Rocca dei Papi, la quale fu anche sede della “zecca”, dove venivano coniati i “papalini”.
Sul fianco del colle domina invece la Cattedrale di Santa Margherita, che con la sua estesa cupola è visibile da quasi tutti i paesi dell’ Alta Tuscia Viterbese.
Dopo quella di San Pietro a Roma e Santa Maria del Fiore a Firenze, è la cupola più grande in Italia.
Al suo interno, oltre ad affreschi di pregio, è possibile vedere una grande pala robbiana e la statua in marmo di Santa Margherita.
Montefiascone è anche nota per a produzione del famoso vino EST! EST!! EST!!!

viterbo, san pellegrino uno dei quartieri medievali più grandi e meglio conservati d'europa

Viterbo, capoluogo di provincia, cinta da mura medioevali merlettate, vanta un vasto centro storico, con palazzi aristocratici, monumenti arricchiti di importanti opere d’arte, numerose chiese e chiostri di varie epoche, oltre a suggestivi quartieri storici, quali il Quartiere San Pellegrino esempio di edilizia duecentesca.
Viterbo è storicamente nota come la ” città dei Papi”.
Dal XIII secolo fu infatti sede pontificia, nella quale furono eletti vari Papi.
Di magnifica bellezza è infatti il Palazzo dei Papi dove ebbe luogo il primo e più lungo conclave nella storia dei Papi dove ebbe luogo il primo e più lungo conclave nella storia dei Papi della Chiesa Cattolica.
La città è famosa anche per il trasporto della Macchina di Santa Rosa, tradizionale e spettacolare manifestazione che si svolge ogni anno, da più di 750 anni, la sera del 3 settembre, in onore della Santa Patrona.
La macchina di Santa Rosa è una struttura alta 30 metri e del peso di 50 quintali, illuminata da centinaia di luci, portata a spalla da cento uomini, chiamati “Facchini di Santa Rosa, lungo le vie della città.
Dal 2013 la Macchina di Santa Rosa è stata inserita dall’UNESCO tra i Patrimoni immateriali dell’Umanità.
Viterbo oltre ad essere nota come la Città dei Papi, viene ricordata per le sue acque termali con eccezionali virtù terapeutiche .
Nelle vicinanze della città inoltre, troviamo Bagnaia con la splendida Villa Lante, gioiello architettonico del XVI secolo, con incantevoli giardini all’italiana.
Caprarola e il celebre Palazzo Farnese, una splendida fortezza dalla struttura pentagonale, che si affaccia su un caratteristico borgo.
Costruita inizialmente dai Farnese a scopo difensivo poi trasformata in residenza estiva dal cardinale Alessandro il giovane che affidò il progetto al Vignola.

tuscania, città d'arte della provincia di viterbo

Tuscania è una città d’arte della provincia di Viterbo, immersa in una bellissima campagna, oggi in gran parte riserva naturale.
E’ fuori dal centro abitato che si trovano i due gioielli architettonici di Tuscania: la “Basilica di San Pietro”, che si erge imponente sul colle dell’antica acropoli etrusca, è uno straordinario esempio del primo stile romanico a cui si sono sovrapposte influenze da più provenienze.
L’altro capolavoro architettonico è la “Basilica di Santa Maria Maggiore”, anch’essa con origini molto antiche ed ispirata alla prima ma più riccamente decorata. Di particolare importanza sono gli affreschi interni risalenti al trecento, come il “Giudizio Universale” che decora l’arco dell’abside.
Bellissima è la “Fontana delle sette Cannelle”, la più antica della città e risalente al periodo etrusco, dietro la quale si staglia il “Palazzo Tartaglia”. Degna di nota “Piazza Basile” alle cui spalle si trova la chiesa di San Francesco con i bellissimi affreschi della “Cappella Sparapane”.

tarquinia, uno dei più importanti insediamenti della civiltà etrusca

Di grande importanza archeologica la Necropoli Etrusca, oggi patrimonio dell’Unesco, che si estende per 750 ettari e consta più di 6000 tombe sotterranee.

In particolare nella Necropoli di Montarozzi, nelle tombe a tumuli con camere scavate nelle rocce sono conservati straordinari dipinti, testimonianza della pittura antica e della vita quotidiana di questo straordinario popolo.
All’interno del pittoresco “Palazzo Vitelleschi”, nel centro storico della città, è possibile visitare il Museo Nazionale Etrusco, conserva numerosi reperti, tra i quali una serie di sarcofagi in nenfro e calcare.
Nel salone delle armi è conservato un altorilievo del IV sec a. C, i famosi “Cavalli Alati”, facente parte della decorazione del Tempio dell’Ara della Regina.

vulci, antica città etrusca

Vulci è un’antica città Etrusca che oggi fa parte del territorio di Montalto di Castro in provincia di Viterbo.
Vulci fu una delle più grandi città-stato dell’ Etruria con un forte sviluppo marinaro e commerciale con Grecia ed Oriente, come testimoniano le necropoli che circondano la città dove si trovano migliaia di tombe dalle forme e tipologie più varie.
Tra le tombe più famose ricordiamo la “Cuccumelletta”, la “Rotonda”, la Tomba “Francois”e quella “dei Tori”.
Tra i monumenti più suggestivi ricordiamo il “Castello” di Vulci (detto Castello dell’Abbadia) che venne edificato a ridosso di un ponte, detto “Ponte dell’Arcobaleno”, costruito dai Romani su preesistenti fondamenta Etrusche; il Castello invece venne edificato nel XII secolo dai monaci cistercensi su una vecchia abbazia distrutta in precedenza dalle incursioni saracene.
Degni di nota sono inoltre il “Museo Archeologico” di Vulci, collocato all’interno del “Castello dell’Abbadia”, dove si possono ammirare la ceramica etrusca e greca, bronzi,sarcofagi, etc etc… ed il “Mitreo” di Vulci, sempre in provincia di Viterbo, addossato ad una domus risalente alla fine del II sec. d. C.
Il “Mitreo” distrutto alla fine del IV secolo d.c, era composto da due ambienti: un’anticamera ed un luogo di culto, dove sono stati rinvenuti oggetti votivi di particolare interesse, mentre la statua che vi è esposta è una copia, e l’originale è conservato nel Museo del Castello dell’Abbadia.

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